Informatica applicata al giornalismo

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venerdì 4 giugno 2010

New tecnology vs informazione

La tecnologia è riuscita a 'contagiare' anche il sistema editoriale. Uno degli esempi più evidenti di come siano cambiati gli assetti dell'editoria classica è senza dubbio l'e-book, versione digitale di una qualsiasi pubblicazione, che cerca nel contempo di abbinare le caratteristiche migliori del classico libro cartaceo ai vantaggi offerti dalla sua natura digitale nelle possibilità di essere un ipertesto e quindi di inglobare elementi multimediali, e nella possibilità di utilizzare dizionari o vocabolari contestuali.

è giusto pagare l'informazione online?
A proposito dell'editoria libraria, e in generale di tutto ciò che è informazione sulla Rete, oggi non si parla più solo della questione tecnologica, ma anche della problematica dei pagamenti. Ciò che viene messo in discussione è la stessa definizione di gratuità della rete, uno dei principi cardine di Internet fin dalla sua liberalizzazione, garanzia di facilità d'accesso e fruibilità della comunicazione
L'incremento dell'alfabetizzazione informatica e la conseguente diffusione dei supporti digitali (smartphone, i-pad, tablet, ecc.) ha ribaltato l'equilibrio tra le forze in gioco nella gestione dell'informazione giornalistica e culturale. Le risorse economiche, dunque, si concentrano nelle mani di chi produce 'strumenti', a discapito di chi produce 'contenuti'.
Il decollo delle new tecnology ha causato l'indebolirsi del mondo dell'editoria che ha inoltre subito un'accelerazione decisiva con la crisi economica di questi ultimi anni. Sono crollati i ricavi pubblicitari e diffusionali e sono viceversa aumentati i debiti e i passivi nei bilanci. Gli editori hanno tentato di correre ai ripari aumentando i prezzi dei libri e dei giornali, ma la soluzione si è rivelata un insufficiente espediente, imponendo loro di buttarsi nel nuovo business dell'editoria online.
Ecco allora nascere l'idea del paywall e delle notizie a pagamento. Certo, l'opinione prevalente al momento è ancora orientata a favore della gratuità delle news.
"Se tutto è gratuito in rete, perché l'informazione non dovrebbe esserlo?", dicono i teorici del web e i guru dell'editoria, sostenendo che sia necessario, utile e giusto non far pagare i contenuti online. Tuttavia, è al contempo vero che, da un punto di vista economico, questa concezione appaia come una filosofia "concettualmente giusta" ma "evidentemente insostenibile".
"Da un lato l'informazione vuole essere costosa, perché ha molto valore: l'informazione giusta nel posto giusto ci cambia la vita. D'altro canto, l'informazione vuole essere gratuita, perché produrla sta diventando sempre più economico. Quindi queste due tendenze sono in rivalità". Questa frase di Steward Brand è probabilmente la più importante e fraintesa dell'economia di Internet. Il contenuto culturale non può essere gratuito. Possono esserlo i titoli, i flash, le breaking news, ma non il commento dell'esperto, né l'intervista, l'inchiesta, o l'approfondimento, ecc. L'idea che sta alla base del paywall consiste nel favorire il riconoscimento del mestiere dei giornalisti, delle loro capacità professionali e, dunque, dell'esclusività della riproduzione dei contenuti.
Strettamente legato al tema della gratuità è il problema del diritto d'autore.
Nei paesi UE ci sono stati dei tentativi di legiferare in materia, come ad esempio in Francia, dove il presidente Sarkozy si è fatto promotore di una legge che puniva chi scaricava illegalmente files, bocciata però dalla Corte Costituzionale. In Italia invece il sito della Camera dei deputati riporta nella sezione della rassegna stampa tutte le prime pagine dei principali quotidiani, proprio mentre gli stessi parlamentari proponevano un progetto di legge che voleva far registrare i blog come testate giornalistiche.
Cosa si può mettere in rete? cosa no? è giusta la filosofia del copyleft, basata sulla gratuità di tutti i documenti e dunque opposta al copyright? Una legislazione più precisa consentirebbe un maggiore controllo sullo stesso contenuto del web, sulla diffusione di contenuti discriminatori o criminali e sulle diffamazioni e violazioni del diritto alla privacy (variabile da paese a paese, anche se esiste un protocollo comune gestito dal garante europeo).

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